AGRITURISMO, CONFTURISMO: «RIVEDERE IL PDL REGIONALE»

agriturismoLa Quarta Commissione del Consiglio regionale del Veneto ha discusso mercoledì 4 dicembre la proposta di legge sugli agriturismo e Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto, interviene sulle modifiche proposte alla legge regionale n. 28/2012.

“Alcuni punti - dichiara Michielli - vanno cassati o almeno pesantemente rivisti, soprattutto alla luce della tutela dei consumatori e dei diversi obblighi normativi e fiscali ai quali sono assoggettate le imprese della ristorazione, anche all’interno degli alberghi, da una parte e gli agriturismo dall’altra. Consumatori, turisti, immagine e reputazione della stessa Regione vanno tutelati,  il prodotto che verrà regolamentato deve essere conforme alle aspettative del consumatore: se mi reco in un agriturismo mi aspetto di consumare alimenti “casalinghi” mentre  attualmente è purtroppo prassi che si organizzino invece banchetti a base di angus e scampi argentini".

 

"Attualmente - prosegue Michielli - gli ingredienti dei piatti serviti in agriturismo possono provenire per il 50% da produzioni extra-aziendali, anche al di fuori della Regione Veneto, percentuale che sale addirittura al 75% nelle zone montane del Veronese, Vicentino, Trevigiano e Bellunese… e c’è addirittura chi sostiene che bisognerebbe aumentare ancora queste percentuali. In questo modo è chiaro come le distanze tra un agriturismo e un ristorante rischino di azzerarsi e la concorrenza farsi sleale, ingannando il consumatore veneto ed il turista a tutto danno dell’immagine Regionale e delle aziende della ristorazione tradizionale”.

 

“Per di più, la limitazione ai posti a sedere prevista dalla vigente legge sull’agriturismo verrebbe scardinata dalla proposta di prevedere la somministrazione di pasti e bevande per il numero massimo di posti a sedere previsto dall’autorizzazione sanitaria (peraltro abrogata fin dal 2007 e sostituita dalla registrazione Scia) e per il numero massimo di pasti individuato dal piano agrituristico. Assai inverosimilmente ciò potrà prevedere un effettivo contingentamento dei posti a sedere in agriturismo, portando agriturismo e ristoranti tradizionali su un iniquo piano di parità” chiosa Michielli.

 

“Sotto il profilo fiscale – prosegue Michielli - mentre un ristorante versa le imposte sui propri ricavi, dichiarati o calcolati con gli studi di settore, l’agriturismo applica un regime forfettario – spiega Michielli - Il titolare di un ristorante paga l’Irpef secondo le normali aliquote, in base al reddito percepito; l’imprenditore agricolo invece la paga solo sul 25% del reddito. In quanto all’Iva, mentre il ristoratore la versa normalmente, come qualsiasi altra impresa, per l’agriturismo l’Iva dovuta è pari al 50% di quella relativa alle operazioni imponibili, che non trovano però riscontro nelle materie prime, dato che dovrebbero provenire dai loro campi".

ufficio stampa Confturismo Veneto




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