TRAFFICO E SCOMPARSA DEI NEGOZI DI VICINATO

trafficodi Giorgio Sartori

Urbanizzare guardando a cosa hanno fatto i nostri padri non è sempre sinonimo di visione di non modernità, talvolta è qualcosa di buono, da cui trarre insegnamenti.

Lungi dall’essere un esperto del settore, ma un semplice osservatore delle evoluzioni, cercando di mantenere la rotta della obiettività, anche se in questa società è assai impegnativo. Queste osservazioni nascono dalla esigenza, indifferibile, di decongestionare il traffico privato che impegna in maniera intensa il tessuto urbano e non solo. Sino agli anni Ottanta la nostra Città ed i centri della Provincia, fossero piccoli, medi o grandi, di lago ,di pianura, di collina o di montagna, erano serviti da negozi di vicinato che, in seguito e dopo la loro scomparsa, furono catalogati come servizio sociale.

 

Le cose che si hanno non sempre vengono apprezzate, anzi si aspira sempre al nuovo, il che è positivo purché… sia positivo. Questi negozi, è sotto gli occhi di tutti, sono praticamente scomparsi. Ne sono rimasti pochissimi, alcuni relegati all’archeologia commerciale, altri al servizio del turista se posizionati lungo le grandi direttrici pedonali frequentate dai visitatori del territorio.

 

Ai residenti, privi di un servizio di vicinato o di “sottocasa” non resta che pigliare il veicolo ed effettuare qualche chilometro per poter effettuare gli acquisti, soprattutto dei generi di prima necessità. Trasferimenti che si sommano al traffico commerciale, al traffico turistico, a tanti altri motivi di spostamento veicolare. Trasferimenti che, giocoforza, anche con veicolo a basse emissioni, inquinano, senza contare il tempo che una persona investe per effettuare la spesa, calcolato dai 45 minuti in su, a seconda della distanza che intercorre tra l’abitazione ed il punto vendita. E questo è la prima osservazione.

 

La seconda riguarda il luogo di lavoro che, per il 99%, dista chilometri dalla propria residenza. Negli anni Cinquanta-Sessanta le Ferrovie dello Stato costruivano le cosiddette “case dei ferrovieri” vicine alla stazione, ragion per cui i Collaboratori di questo sistema di trasporto non dovevano utilizzare nessun mezzo per prendere servizio. Vero è, si dirà, che allora i mezzi privati erano un lusso per pochi e la vicinanza al luogo di lavoro era un fatto assolutamente imprescindibile. Anche alcune aziende private seguirono la stessa filosofia urbanistica. Le Cantine Pasqua edificarono accanto all’azienda dei fabbricati che misero a disposizione dei propri Collaboratori. Tanti altri esempi ancora potrebbero essere portati ad esempio.

 

Oggi, per tutta una serie di motivazioni, queste situazioni non esistono più ed i lavoratori devono sobbarcarsi decine di chilometri ogni giorno per andare al lavoro. Non va ignorato, poi, il tour giornaliero di chi ha prole da portare, magari in sequenza, all’asilo nido, alla scuola materna, ai vari corsi cui, di solito, vengono iscritti i figli. Questa è la riflessione. Cioè che non sempre le urbanizzazioni moderne hanno portato modernità. Hanno portato, semmai, una migliore qualità della vita.




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